Davanti al Gip il "papà disperato"
Non mangia da giorni. Non dorme. È provato fisicamente ma soprattutto psicologicamente Luciano Manca. Ha raggiunto un livello di stress altissimo e se domenica sera non fosse stato fermato dai carabinieri per l’omicidio di Ionut Iamandita, lunedì mattina avrebbe dovuto incontrare per la prima volta uno specialista per un supporto medico.
Dal 21 settembre, data della morte di sua figlia Francesca, il 51enne sardo non si è più ripreso, cadendo in una profonda depressione dalla quale non è più riuscito a risalire. Muovendo da questa condizione psicofisica dell’uomo che la sera del 26 ottobre è entrato nel campo nomadi di Calcinatello e ha sparato un colpo di fucile contro la prima delle tre casette ferendo mortalmente alla testa Ionut Iamandita, rom di 18 anni, i suoi legali, gli avvocati Maddalena Grassi e Angelo Villini, probabilmente chiederanno al giudice una perizia psichiatrica per stabilire l’effettivo stato di salute del 51enne.
Non si dicono affatto felici dell’esito delle indagini i carabinieri che hanno fatto luce sulla morte di Ionut. Cercavano un delinquente e invece si sono trovati di fronte un padre disperato. E, come è stato evidenziato dai suoi legali, è stato trattato da tutti - sia dai militari sia dal pm Leonardo Lesti - con grandissima umanità.
Stamattina Luciano Manca comparirà davanti al giudice per la convalida del fermo. E si troverà a ripercorrere le tappe del suo dramma. Lo scorso mese di luglio, preoccupato per i comportamenti della figlia che stava cominciando a percorrere brutte strade dopo aver perso il lavoro, l’aveva seguita fino al campo nomadi di via Campagna a Calcinatello.
L’aveva vista uscire con una bustina di polvere bianca e gliela aveva strappata di mano. Poi quella maledetta mattina del 21 settembre Francesca era uscita di casa presto, era salita sulla sua Clio insieme ad un amico di 27 anni, che si era messo alla guida dell’auto pur non avendo la patente. I due non si erano fermati al posto di controllo della Polizia locale. Dopo poco la 28enne aveva cominciato a sentirsi male. Attorno a mezzogiorno il giovane l’aveva lasciata da sola, in auto, in una strada senza uscita, alla Fascia d’oro e poi, dopo essere arrivato a casa a piedi, aveva chiamato il 118 per far intervenire i soccorsi.
Alle due del pomeriggio però Francesca era stata trovata, ormai priva di vita. Ancora non si sa con certezza cosa abbia provocato la sua morte. Se un’overdose di cocaina, o un mix di alcol, barbiturici e sostanze stupefacenti. Una morte che il padre della ragazza non è mai riuscito a superare, arrivando a maturare l’idea di sparare contro il campo nomadi «con l’intenzione di intimidire» chi riteneva responsabile di quella morte, per evitare che altri ragazzi facessero la stessa fine. «Senza volontà di uccidere», assicurano i suoi legali.
Daniela Zorat
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