Bassa

Coronavirus, farmacista si licenzia: «Ho paura, non ci tutelano»

Ha rassegnato le sue dimissioni per disperazione: la farmacia dove lavorava sta per rimanere senza mascherine, alcol e guanti
Molte le farmacie che svolgono il servizio a battenti chiusi - Foto Ansa/Luca Zannaro
Molte le farmacie che svolgono il servizio a battenti chiusi - Foto Ansa/Luca Zannaro
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«Mi sento una fallita. Come professionista e come persona. Ma non posso continuare così, io non mi sento di rischiare la mia vita e quella dei miei clienti». Valentina (nome di fantasia), 30 anni, fa la farmacista in un paese della Bassa bresciana. Anzi, faceva, perché Valentina ieri ha rassegnato le dimissioni. Le ha consegnate in lacrime alla sua datrice di lavoro, dopo aver passato la notte a fissare il soffitto. «Non avrei mai pensato di mollare, lavoro in questa farmacia da quattro anni, appena dopo la laurea. E ho sempre adorato il mio lavoro, lo considero una missione. Ma sono stremata e il modo con cui le autorità ci stanno costringendo ad affrontare, o meglio non affrontare, l’emergenza Covid-19 è vergognosa. Oltre che pericolosa». Per ora la sua titolare ha respinto il licenziamento, consigliandole di optare per l’aspettativa.

Ricostruiamo la situazione dall’inizio. Da quando il coronavirus si è insinuato nelle vite di tutti noi, le farmacie sono state un presidio di riferimento. Un servizio che tra l’altro è garantito dalla Legge, visto che l’assistenza farmaceutica rientra nei Livelli essenziali di assistenza (Lea) che il Servizio sanitario nazionale è tenuto a fornire a tutti i cittadini. Per questo, restano tra le attività commerciali ancora aperte, insieme agli alimentari, le edicole e i tabaccai.

«Da settimane però - racconta Valentina -, abbiamo esaurito guanti e mascherine destinati alla vendita e centelliniamo quelli per noi. Nella farmacia in cui lavoro abbiamo mascherine solo fino a lunedì prossimo, esclusivamente perché siamo state lungimiranti e abbiamo fatto scorta per noi a fine febbraio. Io da tre giorni usavo la stessa, girandola e disinfettandola dentro e fuori, ma so di colleghi che sono rimasti senza e stanno al banco con la sciarpa sulla bocca e i guanti per lavare i piatti. È assurdo, lavorare così è pericoloso per noi e per gli altri. E se un farmacista s’infetta, la farmacia chiude e addio servizio». Se non bastasse, essendo considerato un operatore di servizi pubblici essenziali, non può mettersi in quarantena anche se ha avuto contatti stretti con un positivo al Sars-CoV-2. La misura di isolamento scatta solo in caso di sintomatolagia respiratoria o tampone positivo.

A differenza degli ospedali, le farmacie non vengono approvvigionate con regolarità di dispositivi di protezione e non possono contare sulla sanificazione quotidiana da parte di aziende specializzate. Ormai sono quasi tutte senza l’alcol per disinfettare il bancone. Eppure, nelle indicazioni fornite da Ats, si legge proprio che i farmacisti dovrebbero «verificare che chi accede indossi un dispositivo di protezione individuale» e «disinfettare le superfici». Come, se è tutto esaurito?

«Serve una presa di posizione netta da parte di Regione Lombardia, dato che finora ci hanno mandato solo consigli e indicazioni generiche» dice Valentina. Ad esempio, quando a inizio settimana centinaia di farmacisti bresciani hanno raccolto le firme e chiesto di poter lavorare a battenti chiusi usando il passafarmaco (strumento con interfono che tanti hanno in dotazione per il turno notturno e che consente di non entrare direttamente in contatto con il cliente ndr), la risposta della Direzione generale Welfare regionale è stata che sì, potevano anche chiudere se volevano, ma era «preferibile» restare aperti. Insomma, una totale discrezionalità senza linee guida univoche. Chi non vuole rischiare di apparire una farmacia di serie B lascia aperto. Da martedì scorso, data in cui è arrivato il permesso, la farmacia dove lavorava Valentina ha tirato giù la serranda, lavorando con il passafarmaco. Eppure, nemmeno questo sembra bastare, perché la ressa continua.

«Il comportamento della gente, soprattutto degli anziani, è irresponsabile. Essendo chiusi gli studi dei medici e inaccessibili gli ospedali, la gente vede nel farmacista il suo punto di riferimento. Ho clienti che invece di restare a casa vengono a comprare creme solari, solette delle scarpe o dentifrici tre volte al giorno, pur di farmi sentire il loro tipo di tosse. Il messaggio non è passato, servono più controlli. Non si rendono conto di quanto è pericolosa la loro superficialità e io non mi sento tutelata. Se nemmeno chi ci governa riesce a prendere una decisione e tenerci al sicuro, non sarò io a rischiare la mia salute e quella degli altri, piuttosto perdo il lavoro».

 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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