Cercava la città ideale, l'ha costruita nel giardino di casa
A 13 anni si possono sognare molte cose. Il telefonino è certo in cima alla lista. Nel pieno dell’adolescenza si desidera anche avere i propri spazi, la camera (un tempo si diceva la cameretta) diventa un luogo da rivendicare come esclusivo. A 13 anni iniziano le trattative con i genitori per le uscite del sabato sera. A 13 anni difficilmente si pensa a cosa si farà da grande, i progetti arrivano al massimo alle tanto attese vacanze al mare.
Nel 1996, a Remedello di Sopra, c’era un ragazzo, appunto di 13 anni, che sognava la città ideale. Vent’anni dopo, Roberto Scalmana, diventato nel frattempo ingegnere, quella città ideale l’ha costruita davvero nel giardino di casa. All’inizio ha incontrato la resistenza della mamma (di origini tedesche) che non vedeva di buon occhio quelle buche che spuntavano in giardino. Anche perché a quel tempo ci voleva davvero tanta fantasia (e tanta fiducia nelle buone intenzioni del figliolo) per pensare alla straordinaria opera d’arte che in effetti ha poi preso corpo. Ma il cuore di mamma non ha potuto che abbandonarsi orgoglioso, mese dopo mese, di fronte a quella tenacia nel realizzare un progetto per i più irrealizzabile. Perché dove c’era una camelia Roberto vedeva una cattedrale, dove fioriva un rododendro lui immaginava il tempietto romano.
E così, togli oggi e togli domani, fai un buco oggi e uno domani, la città ideale è arrivata a una superficie di oltre 250 metri quadri, ed è ovviamente in costante espansione. Perché il cammino verso la città ideale, come verso tutto ciò che è ideale, non si può concludere. Parlare con Roberto del suo progetto è come trovarsi di fronte a un padre che ti travolge per l’amore smisurato verso il proprio figlio. Perché questo è per Roberto la sua città ideale: una sua creatura. Se non ci fosse tanto amore non avrebbe passato ogni minuto libero degli ultimi vent’anni a costruire tegole, ciottolati, pareti, ponti e quant’altro. Stiamo parlando di migliaia e migliaia di ore. E se qualcuno si sta chiedendo: chi glielo ha fatto fare? La risposta è semplice: non c’è risposta. Semplicemente le passioni ci travolgono, e noi dedichiamo loro tutto il tempo che possiamo. Magari poi ce ne pentiamo, ma del senno di poi sono piene le fosse. A onor del vero, Roberto non è certo pentito, anzi. Pensa talmente in avanti da preoccuparsi per cosa accadrà alla sua città quando lui non ci sarà più.
È un po’ presto, facciamo pacatamente notare, aggiungendo: potresti vivere ancora 60 anni. «Devo pensarci per tempo», dice, «senza nessuno che se ne occupa la mia città si distrugge in un anno». Già, perché non basta il costruire, si deve fare anche costantemente manutenzione. E non è poca cosa. È necessario però dare alcuni dati tecnici per capire di cosa stiamo parlando: la città ideale si costituisce di più di cento edifici, circa duecento metri di rete stradale in gran parte lastricata, un sito archeologico, un ruscello, un lago e un bosco di più di mille alberi. La rete fognaria è capillare e gli interni sono dotati di pavimentazioni a mosaico e di scale, per accedere ai piani superiori. Molti palazzi hanno camini realmente funzionanti. Tutto è realizzato in scala 1 a 25. I materiali di costruzione sono quelli delle case vere, con più di sessanta tonnellate di malta di cemento utilizzate, dai primi esperimenti in gesso del 1996, attraverso la fondazione della città nel marzo del 2000, fino ad oggi.
La città cresce giorno dopo giorno, stagione dopo stagione, seguendo le proporzioni della realtà, le epoche storiche e gli stili architettonici; così il sito archeologico che chiama la Grecia antica, il nucleo paleocristiano, il Duomo, i palazzi rinascimentali in stile senese e urbinate, e i quartieri nuovi, di recente posa.
Dicevamo dell’orgoglio del costruttore, Roberto racconta che i suoi edifici sono talmente solidi che sui tetti lui ci cammina anche. Certo non con le ghiacciate invernali, ma d’estate salterella da una casa all’altra. La struttura di cui Roberto è più orgoglioso è la cattedrale, con quella maestosa cupola. «Non è stato facile realizzarla - racconta -, sono molto soddisfatto del risultato finale».
Roberto si documenta, studia, realizza continuamente progetti. Inizialmente non lo faceva, ma la reggia di Versailles che sta nascendo in queste settimane ha richiesto uno sforzo notevole, anche sul piano, appunto, progettuale. Nelle stanze ci sarà una novità: saranno illuminate. Questo perché la città, mentre cresce, si evolve. Come nella realtà.
A volte, durante la bella stagione, Roberto apre il tetto della cattedrale e ci si siede dentro. Sta lì a meditare. In quel momento la città ideale non è solo cemento finemente lavorato. In quel momento la città ha un’anima. Un’anima che non può che essere quella del suo ideatore. Anche fisicamente, Roberto e la sua città ideale sono davvero un tutt’uno.
Iscriviti alle News in 5 minuti per ricevere ogni giorno una selezione delle notizie più importanti.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato