Caso legionella, «non era epidemia»: si va verso l'archiviazione
Non è stata individuata un’unica fonte di contagio. Non si può parlare di epidemia. Non ha senso andare oltre con le indagini. A quasi un anno dall’apertura del fascicolo nel quale confluirono tutti i casi di polmonite e legionella curati nel Bresciano tra la fine di agosto e la metà di ottobre del 2018, la Procura della Repubblica chiude l’inchiesta e si appresta a chiedere l’archiviazione.
Per il procuratore Carlo Nocerino e i sostituti Maria Cristina Bonomo e Corinna Carrara dei 78 decessi accertati nel periodo più critico della sospetta epidemia nessuno è connesso ai ceppi di legionella che l’Agenzia di tutela di salute di Brescia aveva isolato nelle acque del Chiese, come nelle torri di raffreddamento di alcune aziende della Bassa orientale, nei pozzi privati come negli acquedotti pubblici, nei bagni delle case di chi si ammalò in quel periodo, così come in quegli di impianti sportivi e pubblici frequentati da persone che poi si fecero curare negli ospedali della provincia.
In tre soli casi vi è compatibilità tra il batterio individuato nell’organismo del paziente e quello isolato nel Chiese. Si tratta di tre soli casi sulle centinaia esaminati. Di tre casi che si sono risolti nel migliore dei modi: con la guarigione.
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