Capolavori natalizi incompresi, ironia sul «tacchinone»
Il Pavone di Luigi Zorzi di Isorella, suo malgrado, ha gareggiato al concorsone Alberellum 2016, lanciato da Radio Due. Giunto in finale, è stato battuto all’ultimo... per fortuna. L’intento della trasmissione radiofonica «I Provinciali», condotta da Pif e Michele Astori, era di eleggere l’installazione natalizia più imbarazzante di tutte le province italiane. Da qui l’invito, rivolto agli ascoltatori, di postare sulla pagina Facebook il meglio dei «capolavori natalizi incompresi».
Ed ecco, tra abeti di infradito, radicchio rosso e salami, spuntare il Pavone a guardia del Naviglio, per di più siglato con una sobria descrizione: «Il tacchinone inquietante».
Gli isorellesi non han gradito e l’Associazione dei Commercianti ha subito scritto a Radio Due: «Come vi permettete? Il rispetto per lavoro altrui, impegno e creatività non l’avete? Si dovrebbe votare per eleggere il migliore, così da gratificare il vincitore, non offenderlo. Noi siamo molto orgogliosi del nostro artista che, inconsapevolmente, è finito in questa inopportuna carrellata di foto. Inoltre l’opera non sostituisce l’albero tradizionale. L’abbiamo, si trova in piazza Roma ed è ornato con i simboli delle nostre contrade. Buon Natale dai Commercianti del Naviglio». I commenti degli utenti all’installazione, di certo, non hanno stemperato la reazione: c’è chi insinua che la famosa nebbia in Val Padana abbia effetti allucinogeni e chi incolpa i mangimi di nuova generazione.
Il signor Zorzi, autore peraltro dell’Albero di Isorella, ispirato all’Albero della Vita, non se l’è presa: «Ho scelto di realizzare un pavone perché è un animale tipico delle nostre zone. È alto tre metri e lungo 5. Lo scheletro in ferro è rivestito di stelle di Natale, mentre la coda è d’abete. In realtà cambia spesso d’abito; il suo piumaggio varia a seconda dell’occasione. È molto richiesto, infatti, nelle manifestazioni locali. Per quanto riguarda l’ironia del web, non mi sono offeso».
Altri due alberi in gara. Ahinoi, altri alberelli bresciani han concorso al poco ambito titolo: l’albero di Villa Carcina, paragonato a una medusa e a un maxi berretto («Sembra alla mia papalina di lana») e quello di Padenghe, frutto di un’operazione di riciclo definita «allucinogena». Tutti sconfitti dall’albero di Staranzano (Gorizia), costruito con vecchi bancali, altresì definito «Albero con le pallet di Natale». Gli isorellesi chiudono con «non ce ne frega un Pif... fero», fieri del loro Pavone.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato