Bassa

Agguato a Montichiari: «Il nonno del 13enne è disperato»

Il sindaco Marco Togni: «Famiglia problematica. Il ragazzino ha sparato per assecondare lo zio, che considera un riferimento»
LE CONFERME SU MONTICHIARI
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«Montichiari non è questa». Il sindaco Marco Togni, intervenuto venerdì sera nella trasmissione Messi a fuoco su Teletutto, sottolinea come l’agguato del venerdì Santo in via Santa Scolastica sia un episodio isolato «da ricondurre a una situazione familiare problematica e già nota ai servizi sociali». Il caso del ragazzino tredicenne - che su richiesta dello zio di 27 anni la sera del 2 aprile ha sparato contro un 31enne nella frazione Chiarini - è stato ricostruito dai carabinieri in poco più di 48 ore.

«La comunità è sconvolta, ma non è un’emergenza sociale. Vivo qui da quando sono nato e in 46 anni non è mai accaduto nulla di simile» ha detto il primo cittadino, che ha aggiunto: «La verità è che le vittime qui sono due: il ferito, in ospedale ma non in pericolo di vita, ma anche un bambino a cui lo zio ha messo in mano una pistola, per farlo sparare contro il rivale in amore, che da quanto ho saputo era anche un amico. Consapevole che per la sua età non sarebbe stato imputabile. Ho potuto parlare con il nonno che aveva il minore in affidamento ed è doppiamente disperato: aveva in casa due persone che forse non conosceva fino in fondo e ora non le può vedere. Mi ha detto "Non siamo i mostri che descrivono i giornali". A mio parere, nella situazione è evidente la mancanza di una figura paterna: il 13enne ha voluto assecondare lo zio, che era per lui una figura di riferimento».

Messi a fuoco: la puntata del 9 aprile su Teletutto

Di questa idea è anche lo psicologo Giuseppe Maiolo, ospite della trasmissione condotta da Andrea Cittadini: «Queste azioni non nascono dal nulla, ma si collocano in un disagio preesiestente, un malessere che negli adolescenti può nascere se vivono in determinate condizioni. Ora il minore, affidato a una comunità, ha bisogno di essere seguito, per aiutarlo a percepire la gravità di quanto commesso».

Proprio la reazione del ragazzino ha colpito anche i carabinieri, che hanno individuato i responsabili in fuga, anche grazie alla preziosa testimonianza della vittima rilasciata poco prima di entrare in sala operatoria e poi in terapia intensiva. Massimo Cicala, comandante della Compagnia dei carabinieri di Desenzano, ha raccontato: «Il minore si è reso conto di cosa ha fatto, ora la priorità è la sua tutela. Le indagini continuano per fare piena luce su tutto quanto è successo, ma posso dire che da come il proiettile ha ferito la vittima, è plausibile che l’intenzione fosse proprio quella di colpire e non solo di spaventare».

Il ragazzino al giudice per le indagini preliminari ha detto che lo sparo sarebbe partito per errore. Un versione non credibile secondo il gip di Brescia Riccardo Moreschi che, nell’ordinanza, seppur non convalidando il fermo, ha disposto la detenzione in carcere del 27enne, che ha scelto di rimanere in silenzio, con l'accusa di tentato omicidio aggravato dalla premeditazione e dalla determinazione al reato di persona non imputabile. «La gravità delle condotte - ha scritto il gip -  sostengono la sussistenza delle esigenze cautelari integrate dal concreto ed attuale pericolo di commissione di delitti della stessa specie, come si evince dal gravissimo reato di cui si è reso responsabile l'indagato e dall’inquietante circostanze del fatto, avendo in modo spregiudicato coinvolto nel delitto il nipote minore». 

 

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