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Filartex, può partire una nuova storia

A mezzo secolo dalla fondazione, il gruppo tessile dei Bonadei si affida alla seconda generazione e avvia una parziale diversificazione: non più solo produttori, ma anche commercianti di filati.
L'insegna Filartex
L'insegna Filartex
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PALAZZOLO
Si cambia, si deve cambiare, forse bisognava cambiar prima. Un po' ci pensa l'anagrafe, un po' la serena convinzione che le nuove sfide vanno affidate a chi poi dovrà governarle. E un po' ci pensa il mercato a ribaltare il mondo, a dargli nuove coordinate, a far da betoniera fra il nuovo e il vecchio, fra posizioni consolidate e le nuove che avanzano. Ci si può ergere a diga, cercando di far valere le solidità in qualche caso secolari; o ci si può piegare un poco, sperando che lo tsunami passi e sperando, al momento di rialzarsi, che le gambe reggano.
Dopo le crisi è poco più che un deserto
Il paesaggio, però, ben che vada è cambiato. Magari non è il deserto-deserto, ma viene un qualche magone a far l'elenco dei caduti, delle aziende che c'erano e non son più, delle storie di famiglie blasonate e più semplici che hanno fondato imperi o negli imperi hanno lavorato. Nulla, quasi più nulla. Del cotone bresciano resta poco, e non era poco. Fino ad una decina d'anni fa qui si faceva la metà del cotone lavorato in Europa: un polo, dicevamo e scrivevamo orgogliosi. Prima la Cina, poi l'India, quindi l'11 settembre del 2001. Una botta dopo l'altra e sono via via caduti o decaduti o hanno dislocato l'Olcese, la Legnano, i Franzoni, la Nk, l'ex Ferrari e probabilmente ci dimentichiamo qualcosa.
Resta poco, si diceva, ma qualcosa ha resistito: la Filartex dei Bonadei, ad esempio. Ad essere onesti è quasi tutto qui quanto resta del cotoniero, delle grandi filature - grandi almeno nel numero dei dipendenti: 250, anche se sono 100 in meno rispetto a due anni fa.
Dopo 52 anni si riparte dall'anno zero
Il 2010 è una sorta di anno zero per i Bonadei. È una nuova storia, come dice Federico Bonadei, l'ultimo dei Bonadei di prima generazione alla guida dell'azienda in attesa che il timone e le rotte future passino e siano appannaggio dei figli. Il gruppo ha 52 anni, fondato da Francesco Bonadei al momento della pensione dopo una vita passata al Cotonificio Ferrari dove era direttore tecnico. Al tempo diede una mano ai figli a metter su filature nuove un po' in tutto: dall'approccio al mercato (fare quello che gli altri non facevano, anche in piccoli lotti), essere partner dei clienti, fare fabbriche magari non belle fuori, ma razionalmente disposte: i famosi «cubi». In questi anni i figli di Francesco hanno gradualmente passato la mano. Nel Cda, con il padre-zio presidente, siedono Giovanni e Mauro (figli di Luciano), Paolo (figlio di Roberto) e Fabrizio, figlio del presidente.
È a loro, ai nuovi, che si affida la nuova Filartex. Al 2010, il gruppo si presenta con una impostazione industriale parzialmente modificata: non è più solo produttore di filati, è diventato anche commerciale. Pareva una sorta di «bestemmia» qualche anno fa, una commistione immonda metter insieme l'industria con il commercio. «Ma alternative non ne avevamo», dice Federico Bonadei. In questi anni - dal 2001, l'anno del crollo delle Due Torri - il fatturato è passato da 60 a 25 milioni di euro. Senza interventi strutturali ci saremmo gradualmente spenti. Il trading può essere una via d'uscita: abbinare produzioni dirette con la conoscenza di mercati, clienti e prodotti e quindi fare commercio riuscendo ad essere «fornitori globali per i nostri clienti. E poi ci piace ricordare che, così come siamo stati innovatori quando siamo nati, così lo siamo ora nell'adottare questa formula mista».
Nel 2010 il fatturato risalirà a 35 milioni
I primi riscontri sono positivi. Il 2010 segnerà il ritorno all'utile, dopo due esercizi pesanti nei quali si sono persi 3,7 milioni, con un fatturato per l'esercizio in corso che dovrebbe ritrovare quota 35 milioni rispetto ai 25 del 2009: è l'effetto trading. Sul che fare per contrastare le avanzate degli emergenti in Filartex si è discusso a lungo. La cognizione che si dovesse smagrire era chiara in tutti, ma - annota Giovanni Bonadei - «tutti siamo stati concordi nel non ricorrere alla mobilità: cassa integrazione sì, ma nessuno lasciato a casa. È una decisione che ci è costata. Certo: abbiamo chiuso il turn over». Oggi con 250 addetti il gruppo ha 4 fabbriche attive più «la quinta», come dicono, ovvero il magazzino del commerciale che sta alle spalle della sede di Palazzolo. Con la speranza che sia come nell'auto: con «la quinta» che fa cantare il motore...

Gianni Bonfadini
g.bonfadini@giornaledibrescia.it

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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