Sul ghiacciaio dell’Adamello lo strato in superficie è di 40 anni fa
Un cilindro di ghiaccio lungo 224 metri sul quale è come se fosse incisa la storia del ghiacciaio dell’Adamello, che è un po’ la storia dell’Italia (ma non solo). E la storia racconta un dato a dir poco preoccupante: lo strato in superficie risale a 40 anni fa.
Si avvia alla conclusione – ma si sa già che sarà rilanciato nel 2024 – il progetto «ClimAda», che ha ricostruito l’evoluzione climatica degli ultimi secoli, l’impatto antropico in alta montagna e la dinamica delle specie vegetali, dei grandi incendi e, più in generale, dell’agire dell’uomo attraverso l’analisi di una carota di ghiaccio estratta nel 2021 dal Pian di Neve.
Lo studio
Negli ultimi due anni nell’EuroCold Lab, il laboratorio dell’Università degli Studi di Milano Bicocca, è stata eseguita la stratigrafia completa del cilindro, e ora è arrivato il tempo di presentare quanto scoperto.
Tantissimi i dati emersi, le particolarità, gli approfondimenti e, anche, le curiosità. A partire dal fatto che lo strato di ghiaccio oggi in superficie è degli anni Ottanta. Significa che, negli ultimi tempi, il ghiacciaio si è ulteriormente e notevolmente «consumato».
Basti dire che, secondo le ultime rilevazioni del Servizio glaciologico lombardo (studia, monitora e controlla la regressione del ghiacciaio), negli ultimi tre anni si è assistito a un arretramento di 174 metri di fronte e di 18 di spessore.
I dati
Sfogliando questo particolare libro freddo, a pagina 66 (ovvero a 66 metri di profondità) è stato identificato un livello scuro alto una decina di centimetri, che rappresenterebbe gli effetti della Prima guerra mondiale, combattuta anche in Adamello oltre cento anni fa. Un’ulteriore analisi è stata condotta sui materiali che costituivano i proiettili e le armi utilizzati dalle controparti, per riconoscerne la presenza.
Qualche «pagina» prima, a 23 metri nelle viscere del ghiacciaio, è stata rinvenuta l’evidenza dei test nucleari del 1963, riconoscibili da un picco di trizio. Una profondità nettamente inferiore rispetto a dove era stato rinvenuto in una precedente carota estratta nel 2016 (intorno ai trenta metri), a evidenziare l’accelerata nella fusione del ghiacciaio.
Nella porzione più superficiale del carotaggio sono anche state trovate tracce del disastro di Chernobyl del 1986. Tra le tante particolarità, anche alcuni livelli di tefra (vetri vulcanici prodotti durante le eruzioni) e livelli scuri con polvere minerale proveniente dal Sahara, che consente una ricostruzione della frequenza e delle variazioni di circolazione atmosferica durante gli ultimi secoli della storia della Terra. //
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