Pm10, neppure lo stop del coronavirus ferma le polveri sottili
Una flessione c'è. Ma modesta. Le polveri sottili, in altre parole, reggono anche al drastico calo della circolazione sulle strade (bresciane in primis) e allo stop per molte fabbriche. A dirlo è lo studio pubblicato da Arpa Lombardia che ha comparato l'andamento di diversi inquinanti nelle settimane dell'emergenza coronavirus, suddividendo le stesse in base al differente rigore delle limitazioni introdotte: dal 23 febbraio all'8 marzo un primo segmento, dal 9 al 29 marzo (termine del periodo considerato dal rapporto) il secondo.
Nel rapporto viene evidenziato come la validità dello stesso sia da considerare alla luce di alcune variabili legate al periodo, non ultimo il fattore meteorologico: «Riguardo al settore riscaldamento, si osserva che, nel primo trimestre del 2020, le temperature medie giornaliere sono state generalmente superiori alle medie del periodo (su base ventennale)», aspetto che comunque inciderebbe a favore di minori consumi negli impianti termici e dunque minori emissioni.
Tra gli inquinanti considerati, «per il biossido di azoto (NO2) e ancora più per il monossido di azoto (NO) e per il Benzene le concentrazioni rilevate si sono sensibilmente ridotte e, in alcune stazioni, risultano perfino inferiori ai valori più bassi registrati in ciascun giorno di calendario nel periodo di osservazione nei dieci anni precedenti». Un calo che viene direttamente messo in correlazione con la riduzione dei flussi di traffico, «che in ambito urbano è certamente la prima fonte di ossidi di azoto».
Diversa è la faccenda se si prende in esame il particolato, vale a dire polveri sottili (PM10 e PM2.5). «L’analisi dei dati del mese di marzo 2020, pur collocandosi nella fascia bassa della variabilità del periodo, evidenzia un alternarsi di giornate con concentrazioni più alte e altre con valori inferiori. Alcuni episodi, come quello del 25 febbraio, con un valore di PM10 pari a 82 µg/m³ registrato a Codogno, già in piena “zona rossa”, hanno evidenziano l’importanza del fenomeno di trasporto del particolato e il fatto che le concentrazioni non sono solo influenzate dalle emissioni di prossimità, ma da tutte quelle del bacino di riferimento».
In altre parole: non solo il particolato «generato» in una determinata area incide sui valori registrati nella stessa, ma anche fattori come il vento che può trasportare persino particolato di origine desertica venuto dall'Asia come avvenuto il 28 e 29 marzo, quando le concentrazioni di Pm10 sono risultate molto elevate a fronte di un aumento inferiore delle concentrazioni di PM2.5.
Lo studio - che prende in esame il caso Brescia e in particolare le emissioni registrate dalla centralina del Villaggio Sereno, scelta perché mediamente ha i valori superiori - ha evidenziato che il trend di generale riduzione delle concentrazioni degli inquinanti che si sta osservando in questo periodo deve essere attribuito, in proporzioni non quantificabili in modo preciso e comunque dipendenti dalle singole giornate e dal singolo inquinante, all’insieme di 3 fattori: riduzione delle emissioni (in particolare dal settore trasporti), variazione delle condizioni meteorologiche (comunemente meno favorevoli all’accumulo in questo periodo dell’anno) e condizioni ambientali che influiscono sulle reazioni chimico-fisiche in cui sono coinvolti gli inquinanti.
«Nel bacino padano, - è la lettura offerta da Arpa Lombardia nelle conclusioni - la riduzione rilevata per il particolato è influenzata in modo significativo dalla presenza della componente secondaria. Infatti, si è osservato che le drastiche riduzioni di alcune sorgenti non sempre hanno impedito il superamento dei limiti, pur contribuendo a ridurne l’entità. Ciò evidenzia in modo chiaro la complessità dei fenomeni correlati alla formazione, trasporto e all’accumulo di particolato atmosferico e la conseguente difficoltà di ridurre in modo drastico i valori presenti in atmosfera in situazioni ordinarie».
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