Inquinamento, Palazzolo maglia nera per valori di Pfas nel Bresciano
Resistente al calore, impermeabile, antiaderente. Esiste un’intera costellazione di oggetti con queste caratteristiche: cartoni della pizza, padelle, abiti da lavoro, pantaloni da sci, carta forno, schiume antincendio, cosmetici. Ognuno di questi prodotti è anche un potenziale «ambasciatore» di una contaminazione ambientale – una delle più gravi in Europa e nel mondo – racchiusa in quattro lettere: Pfas.
Sono i «forever chemicals», vale a dire gli inquinanti eterni, molecole stabili e resistenti che nel corso del tempo si accumulano nell’ambiente, negli animali e negli esseri umani portando gravi conseguenze sulla salute. Tecnicamente si chiamano sostanze perfluoroalchiliche (perfluorinated alkylated substances), non esistono in natura e racchiudono oltre 10mila tipologie di molecole. Si tratta di un’eredità tossica con cui anche Brescia si trova a dover fare i conti.
La mappa di Greenpeace
A riposizionare i fari su un inquinante che è già stato ribattezzato come «il nuovo amianto» è Greenpeace, che ieri ha presentato la prima mappa italiana della contaminazione da Pfas nelle acque potabili «per ovviare alla scarsità di controlli da parte delle istituzioni». Per farlo, l’associazione ha girato in lungo e in largo, raccogliendo 260 campioni di acqua potabile in 235 città analizzando anche i livelli di contaminazione da composti ultracorti come il Tfa, ossia alcuni Pfas «che preoccupano la comunità scientifica e su cui non sono disponibili i dati pubblici nel nostro Paese».
In Italia
Come sta il nostro territorio? Dipende. Se ci si ferma a considerare la soglia dei 100 nanogrammi per litro, limite che dovrebbe entrare in vigore dall’inizio del 2026 nel nostro Paese, tutto fila liscio. Se però si amplia il campo e si considera che altri Paesi (gli Stati Uniti, per fare solo un esempio) hanno abbassato ben presto questo limite a 4 nanogrammi per litro, la prospettiva cambia drasticamente. Specie perché l’agenzia internazionale per la ricerca sul cancro ha decretato alcuni di questi composti come certamente cancerogeni per l’uomo: tra questi ci sono i Pfoa (acido perfluoroottanoico), ma anche quelli che rientrano nella categoria «possibilmente cancerogeni» portano alti livelli di nocività per la salute, in particolare danni al fegato, malattie della tiroide, obesità e problemi di fertilità.
A Brescia
Brescia non è immune dalla presenza di Pfas, anche perché è una mappa che ricalca grossomodo le rotte dell’industrializzazione. Entrando nel merito dei dati, il capoluogo rientra nella fascia verde, quella in cui i campioni prelevati hanno restituito un «valore somma» (il dato totale) compreso tra 1 e 10 nanogrammi per litro. Ma guardando la classifica dei primi dieci Comuni per valori massimi di Pfas in Lombardia rilevati attraverso la campagna di Greenpeace, al terzo posto spicca il valore restituito da Palazzolo sull’Oglio: 25,1.
Un «primato» quello di Palazzolo, che torna anche nelle analisi puntuali su due singoli composti: per quanto riguarda il Pfoa (l’acido perfluoroctanoico, spesso usato nella carta da forno, nella cera per pavimenti, nei tessuti e nelle scatole della pizza) il valore riscontrato è 6,3 per Palazzolo e 3 per Brescia. Per quanto riguarda la Tfa (la molecola Pfas più diffusa sul pianeta che può derivare da pesticidi e farmaci) il valore rilevato a Palazzolo è di ben 63,3. «A oggi non è obbligatorio per gli enti verificare la presenza di questi inquinanti, tuttavia sono noti casi di contaminazione da tali sostanze e la Lombardia non restituisce un quadro confortante» rimarca Greenpeace, che invita a sottoscrivere la petizione per cancellare i Pfas dai cicli produttivi. Anche perché «le alternative ci sono».
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