Il ghiacciaio dell’Adamello sarà scomparso entro il 2100: i risultati di ClimADA

Ruggero Bontempi
Gli esiti del progetto sono stati presentati ieri durante un convegno a Brescia e confermano la perdita progressiva del ghiacciaio
Lo scioglimento del ghiacciaio dell'Adamello - Foto © www.giornaledibrescia.it
Lo scioglimento del ghiacciaio dell'Adamello - Foto © www.giornaledibrescia.it
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Un ghiacciaio non è solo l’espressione di una massa di ghiaccio, ma un contesto ricco di forme di vita custode di rare componenti della biodiversità, un archivio di informazioni ambientali del passato, un elemento del paesaggio alpino che fornisce fondamentali servizi ecosistemici, e il simbolo di una natura ferita che richiama alla necessità di nuove prese di coscienza.

Sono questi alcuni dei principali elementi di valenza scientifica e culturale emersi a conclusione del progetto ClimADA, illustrati pubblicamente in un convegno svoltosi ieri a Brescia. La Fondazione Lombardia per l’Ambiente, capofila di un programma di ricerche cofinanziate da Fondazione Cariplo e Regione Lombardia assieme a Edison e Valle Camonica Servizi, ha divulgato i dati mediante i quali è stato possibile ricostruire la storia del ghiacciaio dell’Adamello e dei suoi cambiamenti nel corso dell’ultimo millennio, e valutare l’impatto delle attività umane sull’ambiente fisico, chimico e biologico del corpo glaciale.

Una rete di informazioni multidisciplinari raccolte sopra e sotto la superficie del più grande ghiacciaio delle Alpi italiane, ottenuta mediante l’impegno congiunto di esperti dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca, Politecnico di Milano, Università degli Studi di Brescia e Comunità Montana di Valle Camonica-Parco dell’Adamello.

Le carote di ghiaccio estratte sull’Adamello sono custodite nelle celle frigorifere dell’EuroCold Lab dell’Università di Milano Bicocca. La loro analisi ha messo in luce accadimenti storici che spaziano dalla presenza umana in quota nel corso della Grande Guerra fino agli ultimi esperimenti nucleari avvenuti all’inizio degli anni Sessanta, appena prima del trattato internazionale che ha messo al bando questi test. Il ghiacciaio archivia tutto e favorisce la ricostruzione dei climi e degli ambienti del passato, e allo stesso tempo restituisce nelle acque di fusione tutti i materiali che sono stati depositati nel tempo sulla sua superficie.

Il futuro del ghiacciaio

Che destino attende questo martoriato corpo ghiacciato e le sue sempre più ridotte lingue radiali? Cosa significano quell’insieme di evidenze (crepacci circolari, calderoni, nuove estese placche di roccia emergenti) che nel giro di pochi anni si manifestano davanti agli occhi increduli di alpinisti e di escursionisti che frequentano con regolarità le valli del gruppo adamellino?

La risposta arriva da modelli matematici che si avvalgono di dati meteorologici, sondaggi realizzati con fibre ottiche, simulazioni di bilanci energetici e di massa, ipotesi su diversi scenari climatici. Un approccio di rete di competenze e dati che il Progetto ClimADA ha saputo sviluppare con elementi di innovazione per questo tipo di ricerche sull’arco alpino.

Con le caratteristiche del clima attuali (1994-2023) il ghiacciaio quasi certamente nel 2100 ridurrebbe la sua estensione a meno di 20 ettari, rispetto alla superficie odierna di 1.310 ettari. Se il modello sceglie invece di utilizzare i parametri evolutivi adottati a livello mondiale dall’Ipcc (Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico), già nel 2080 il ghiacciaio sarà sostanzialmente scomparso, con fattori di incertezza derivanti dalla quantità di accumuli nevosi nelle stagioni invernali.

Un de profundis già pronunciato, fatto proprio dalla scienza e forse per questo sommessamente ma tacitamente accettato. Ma è davanti a una catastrofe che serve uno scatto di responsabilità, ritrovare il senso di un nuovo impegno da testimoniare e da raccontare, coinvolgendo tutti i livelli della società a partire dai giovani. Ed è questa la sfida che ClimADA consegna a quanti la vogliono raccogliere.

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