Al femminile

Il tormento di desiderare sempre altro

Ciò che appare strano è il tormento di chi un lavoro ce l’ha e si contrappone a chi un’occupazione la cerca disperatamente
Molte persone dopo il Covid hanno scelto di lasciare il lavoro
Molte persone dopo il Covid hanno scelto di lasciare il lavoro
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La pagnotta guadagnata col sudore della fronte è sempre imbottita con poco companatico. Più del cibo però alla gente manca il sale della vita, manca quel gusto che fa maturare le mele dentro l’Eden personale, nel piccolo paradiso terrestre dove la mente si libera dei pensieri ostili.

Come specchi tendiamo a riflettere i trend sociali che si sviluppano Oltreoceano. Dopo il Covid ci siamo ispirati alle dimissioni di massa degli americani e adesso per lo stesso effetto di osmosi ci rispecchiamo nel «Quiet quitting». Due parole la cui matrice inglese ricorda lo squittire dei topolini di Cenerentola, la cui traduzione invece identifica il fenomeno dell’abbandono silenzioso dalle responsabilità e il progressivo disinteresse verso il proprio lavoro.

Quasi fosse una malattia perniciosa si manifesta attraverso il distacco emotivo, nel tempo può tramutarsi in disaffezione e raggiungere picchi di menefreghismo altissimi. Non ci sono medicine per guarire. I più sensibili si arrendono al sottile malessere, ci convivono e ne portano i segni non sempre evidenti.

L’insoddisfazione colpisce maschi e femmine di età diverse, senza distinzione. I lavoratori si dividono fra chi sente ancora il senso del dovere e i neghittosi che si applicano lo stretto necessario per garantirsi lo stipendio. Impiegati o operai che rispettano la loro mansione ma non aggiungono una virgola al minimo richiesto e indirizzano le loro energie verso ciò che li interessa davvero.

Si può fuggire dalla realtà continuando a lavorare nello stesso posto o senza dare le dimissioni. Fuggono anche tanti professionisti, delocalizzando la loro professionalità con risultati più facili a dirsi che a realizzarsi. Le rimesse bancarie però non pareggiano lo scompenso umano, non ricompensano mai abbastanza dalla separazione anche se permettono di viaggiare in business class.
La fuga è una delle reazioni contro un sistema dove la meritocrazia è poco applicata e i lavoratori si sentono scollegati da quello che fanno. Eppure il cambiamento è essenziale poiché equivale a crescere, così come il germe della libertà germoglia in coloro che trovano il coraggio di scambiare l’incerto con la sicurezza, ma questa opzione non è comoda e nemmeno tanto sicura.

Ciò che appare strano è il tormento di chi un lavoro ce l’ha e si contrappone a chi un’occupazione la cerca disperatamente. Si finisce sempre per desiderare altro, ma la serenità si trova solo quando si apprezza quello che si ha.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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