A Natale non sono sempre tutti più buoni
Sono certa che a Natale non faremo i buoni, quantomeno non nel modo in cui la pubblicità ci spinge a farlo.
La gaffe di Chiara Ferragni sta facendo piangere l’occhio stilizzato del suo logo e ha fatto appizzare le orecchie della gente sulla generosità pelosa.
Questa vicenda va oltre la semplice brutta figura, l’idea di beneficenza finta le resterà appiccicata come un marchio poco onorevole. Sono molti adesso a diffidare e si chiedono se davvero le donazioni saranno destinate ai bambini ammalati. Gli avvocati riusciranno a dimostrare che si tratta di normale promozione, di una mera questione di affari e alla fine ci andranno di mezzo solo i lavoratori: vuoi scommettere?
La gestione del denaro raccolto per i bisognosi segue regole ferree. Cinque euro donati da un pensionato con un reddito minimo valgono più di mille, ogni centesimo solidale dovrebbe raggiungere i destinatari, non tramutarsi in business. La relazione fra produttore e consumatore è collegata da un filo etico, romperlo significa ridurre la credibilità in frantumi.
«La Ferragni» è costosa, per arrivare ai suoi milioni di follower si deve pagare in moneta sonante. La sua immagine però è diventata molliccia come la gelatina di Blob che si spande dappertutto. Suo marito ritroso dice di non volerla difendere perché «è una donna indipendente». Pubblica un post sui «Ferragnez» abbarbicati, vestiti di molta pelle e di poca tela, ed elenca in un video le cose fatte da loro e non dal Governo. Rinfaccia i milioni donati (da altri) durante il Covid, frutto di una raccolta fondi.
È chiaro che la scritta «sentiti libera», di privilegiare i propri interessi, la regina italiana delle influencer l’ha presa sul serio.
Mentre la Casa dolciaria Balocco trema al pensiero che i pandori in edizione limitata e a prezzo triplicato restino sugli scaffali dei supermercati, Chiara, con la faccia stropicciata e i capelli raccolti come un’operaia addetta al confezionamento dei panettoni, chiede sommessamente scusa. Per concretizzare il suo gesto dice che intende devolvere il solito milione di euro. Lo fa strombazzando la sua generosità apparente per recuperare i cuoricini di Instagram che l’hanno abbandonata.
Si finge ignara sulla discrezione, elemento sostanziale che distingue i veri benefattori dai vanagloriosi. Nell’affannosa ricerca di recuperare la corona di Vip non si preoccupa della multa salatissima comminatale dall’Antitrust, bensì della perdita di credibilità personale a cui non c’è rimedio.
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