Memoria di ferro, ricordi di... piombo: il GdB dei cronisti per sempre
Dai titoli rimasti sulle maniche di camicia di Egidio Bonomi, ai ponti che Nada El Khattab spera di costruire per consentire alle generazioni nate altrove e cresciute qui di sentirsi protagoniste di una storia condivisa. In mezzo sessanta degli ottant’anni compiuti ieri dal nostro Giornale di Brescia. Intervistati dalla direttrice Nunzia Vallini in sala Libretti li hanno raccontati, a suggellare una giornata di ricordi, nostalgia per i colleghi che non ci sono più, di emozioni ed orgogli, diverse epoche e firme del quotidiano: dal decano dei giornalisti, alla redattrice con meno di un mese di anzianità di servizio.
All’ingresso di via Saffi, dal quale fino al 1984 si accedeva al Giornale di Brescia, Egidio Bonomi si presentò per la prima volta nel 1965. Il suo era un giornale di piombo. Composto carattere per carattere alla linotype. «Era un giornale più umano. La giornata finiva in tipografia: non si contano le volte che appoggiavo i gomiti sui registri e tornavo a casa con il giornale sulle camicie». Succedeva tutto dopo il tramonto. «Si stava in ballo fino alle due di notte – ha raccontato Bonomi, per decenni firma di punta delle cronache e dello sport – non si andava a dormire mai. C’era sempre un ristorante aperto e c’era sempre una notizia da raccogliere. Die Nalli, il principe della nera, riuscì a dare il buco a tutti i giornali d’Italia proprio di notte. Il Giornale di Brescia fu l’unico con la notizia della strage alle olimpiadi di Monaco del 1972. Nalli apprese dell’attentato in tv alle 5 di mattina, chiamò il capo della tipografia e insieme riuscirono a ribattere la prima pagina in tempo per mandarla in edicola».
Nel solco dei grandi testimoni di storia e di storie c’è stato sicuramente Tonino Zana. Inviato per il GdB a cavallo tra i due millenni, Zana ha raccolto e raccontato vicende bresciane e non solo. «Il direttore Gianbattista Lanzani mi fece inviato con un contratto scritto» che Zana ha fatto suo e onorato con lo zaino in spalle. Mettendosi in viaggio. Scendendo sul campo. Anche tendato. «Abbiamo rotto gli schemi. Siamo andati incontro ai terremoti. Abbiamo portato la solidarietà dei bresciani in Umbria, in Abruzzo. Abbiamo riportato a casa il valore della testimonianza e la gratitudine delle migliaia di persone che il Giornale ha aiutato».
In pensione da un anno, il primo aprile del 1989 Paola Carmignani è stata la prima donna ad essere assunta dal Giornale di Brescia (oggi sono in tutto 18 le colleghe, poco meno della metà della redazione). Per 35 anni è stata redattrice delle pagine di cultura e spettacoli: critica teatrale del nostro giornale. «Il GdB mi ha dato la possibilità di intervistare tutti i miei idoli, ma anche di ritrovarmi a tu per tu con Rita Levi Montalcini. Mi ha richiesto anni di sacrifici, tutti ripagati da un’immagine: quella di un’infermiera che legge il nostro giornale ad un gruppo di anziani nel cortile di una casa di riposo. Un onore essere parte di una famiglia che è stata ed è il cuore pulsante della città e della provincia».
Anna Della Moretta ha ricordato il ruolo avuto dal GdB nel racconto dei fenomeni e delle vicende epocali che hanno attraversato la nostra realtà: delle migrazioni alla pandemia. «Dell’immigrazione abbiamo iniziato a scrivere sin dagli albori. Lo abbiamo fatto – ha detto Della Moretta – dando nomi e cognomi ai protagonisti, restituendo loro dignità. Un compito svolto con l’autorevolezza della credibilità, la cifra del lavoro che abbiamo svolto nei terribili mesi del Covid, quando quello che scrivevamo poteva fare la differenza nella vita delle persone».
Testimoni di epoche giornalistiche diverse, ma concatenate alle precedenti nel rispetto della centralità della notizia, Gianluca Gallinari e Andrea Cittadini, rispettivamente caporedattore e vicecaporedattore della redazione multimediale, hanno raccontato come è diverso il loro GdB rispetto a quello che hanno ereditato. «Non lo chiudiamo più alle 5 della mattina, ma lo apriamo poco dopo. È cambiato il flusso delle notizie - ha detto il primo -, ed il lavoro è sempre più sfidante, perché lo decliniamo su più mezzi». «Ma è anche più complesso e stressante - gli ha fatto eco il secondo -: i tempi sono decisamente più stretti». I tempi però sono anche maturi per costruire quei ponti che Nada El Khattab, giovane collega nata in Marocco, cresciuta a Brescia e assunta 26 giorni fa, vuole costruire «tra storie e identità, in modo da avvicinare i giovani bresciani di seconda generazione al nostro giornale».
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