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Si può partire come startup, ma la sfida è la crescita

A dirlo è Steve Blank, imprenditore e docente a Stanford, che spiega le tre caratteristiche delle nuove aziende
Guru e imprenditore: Steve Blank, insegna alla Stanford University ed è imprenditore nella Silicon Valley - © www.giornaledibrescia.it
Guru e imprenditore: Steve Blank, insegna alla Stanford University ed è imprenditore nella Silicon Valley - © www.giornaledibrescia.it
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Quanto sono belle le startup. Belle sì, ma cosa sono in realtà? Non pochi sono stati i tentativi di definizione di queste società. Steve Blank è uno dei riferimenti mondiali del settore. Imprenditore di punta della Silicon Valley, tanto da essere definito il «padrino» di tale universo economico, Blank è professore alla Stanford university e creatore di quella che è la più lineare, completa e chiara definizione di startup. Innanzitutto la differenza tra questo tipo di impresa e i tradizionali attori economici sta nell'approccio al business «poichè le aziende classiche mettono in pratica, eseguono dei modelli già consolidati - spiega Blank -, mentre le startup li cercano, provano a crearne di nuovi».

Questa è la teoria che sta alla base del suo volume «Four steps to the epiphany», libro di testo nei corsi universitari del 65enne statunitense, vero e proprio caposaldo di tutta la filosofia degli startupper. Ulteriore e ancora più approfondita definizione di tali società innovative è contenuta nel suo ultimo lavoro «Startup owners manual», frutto di un lavoro lungo dieci anni e che è sfociato nella definizione semi-definitiva.

Silicon Valley, distretto sinonimo di innovazione - © www.giornaledibrescia.it
Silicon Valley, distretto sinonimo di innovazione - © www.giornaledibrescia.it

«Temporaneità, sperimentazione e scalabilità sono le tre caratteristiche fondamentali - sottolinea Blank -. Tanti nascono, tanti muoiono... Con temporaneità s'intende la natura transitoria di tali fenomeni economici: essere una startup è una fase di vita dell'impresa, che deve mirare a diventare più grande. Qui sorge il grande problema dell'alto tasso di cessazione di queste società, che per sopravvivere spesso trovano linfa vitale in finanziamento esterni, tramite piattaforme di crowdfunding, o in grandi corporate interessate al loro lavoro. Sperimentazione è forse il tratto più facile da intuire. Una startup non sa bene quale sia il suo modello di business «perciò è alla continua ricerca dello stesso, nell'ottica di trovare quello maggiormente profittevole per l'idea innovativa che propone», evidenzia il professore, che sul suo sito personale (www.steveblank.com) mette a disposizione di chiunque lezioni e insegnamenti, tramite podcast e slide, sviluppate nel corso della sua carriera. La scalabilità è invece l'aspetto forse meno conosciuto.

Una volta trovato un business model calzante, questo deve essere replicato su larga scala e non limitato alla ristretta attività della fase neonatale dell'impresa. Strettamente legato è perciò il concetto di ripetibilità dei processi. Un terreno perciò insidioso e molto frequentemente causa di errori e persino di crolli. Ma nel mondo delle startup, e Blank lo sa bene vista la sua esperienza di lungo corso nella Silicon Valley con ben otto esperienze in altrettante società, l'errore non è un male bensì una nuova piattaforma di lancio.

Blank è tra gli ideatori della Lean startup: partendo dal concetto di produzione snella proprio della manifattura, è stata teorizzata una metodologia per trovare il percorso più veloce e sostenibile verso un modello economico solido e redditizio.

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