Scienza

Libri antichi, così si salva la parola scritta

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I concetti di restauro e conservazione in campo librario conoscono sviluppi diversi nel corso della storia: il problema della conservazione del libro è sentito già nell’antichità, quando, ad esempio, i romani cercavano rimedi per limitare i danni provocati da umidità, muffa, insetti; la pratica del restauro comincia a diffondersi dall’età umanistica - rinascimentale, con l’ampliarsi della commercializzazione dei volumi e il moltiplicarsi delle biblioteche.

Il ruolo di restauratore era solitamente affidato a persone del mestiere, amanuensi o legatori, e il restauro era inteso come integrazione di lacune o lacerazioni rivolto, soprattutto, ad ottenere un buon risultato estetico, ad esempio ravvivando gli inchiostri ormai sbiaditi o cambiando la legatura se danneggiata.

Solo dalla fine del XIX secolo prevalse l’idea di bene culturale da preservare non solo per il testo contenuto e la valenza artistica, ma anche come testimonianza storica.

Il libro, prodotto da più fasi lavorative, contiene infatti anche una serie di informazioni che permettono una conoscenza approfondita del pezzo in sé, fornendo indicazioni bibliografiche, artistiche, storiche, geografiche, tecniche. Queste sono indispensabili per determinare quali procedimenti conservativi e di restauro applicare, in quanto l’analisi dei processi di fabbricazione consente la distinzione tra il degrado dovuto a cause esterne, come incuria, e quello naturale dei materiali, quali carta, pergamena, cuoio, legno.

Spesso il libro appartiene ad un fondo costituito da volumi di diversa origine, datazione, provenienza: è essenziale averne una visione d’insieme per poter scegliere con maggior cura le modalità conservative sia del singolo pezzo sia del fondo stesso.

A tal fine le sale adibite devono rispondere a determinati requisiti che, se variano di caso in caso, anche a seconda dello stato in cui versano i singoli volumi, partono comunque da semplici pratiche come la pulizia e lo spolvero dei singoli scaffali, il mantenimento di parametri ambientali costanti (temperatura, umidità, luminosità sia naturale sia artificiale), il corretto posizionamento dei libri sui relativi sostegni.

Anche il restauro deve attenersi, come sottolineato da Rosalia Claudia Giordano (Il restauro della carta, L'Epos 2000), ad alcune indicazioni di massima: ogni fase andrà precisamente documentata, i procedimenti e le sostanze utilizzati dovranno essere reversibili, possedere buona stabilità e durabilità e venire utilizzati nel rispetto delle tecniche e dei materiali originali.

Purtroppo, però, ogni intervento porta ad una parziale perdita di questi ultimi e ad una modifica del documento; essenziali si rivelano quindi le azioni precedenti il restauro vero e proprio: la campagna fotografica e la collazione, ovvero la descrizione della struttura dell’opera, che registra la corretta fascicolazione, le mancanze, gli errori di legatura, le aggiunte, gli eventuali risarcimenti passati. Si procede poi con la pulitura a secco - con aghi, bisturi o gomme - o con solventi per rimuovere polvere, escrementi di insetti, spore, depositi solidi di vario genere. I successivi trattamenti dipendono da caso a caso: ogni restauro va considerato come un unicum in quanto raramente si potranno ripetere esattamente i procedimenti scelti per l’uno o per l’altro, ma si possono ricordare, ad esempio, la foderatura, distacchi di fogli adesi fra loro, i risarcimenti di lacerazioni o lacune sia nei supporti sia nelle coperte.

Lidia Muffolini

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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