Lettura come libertà di essere sé stessi

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di Giulia Franchini - 23 anni, Villanuova s\C I primi tre diritti imprescindibili di un lettore sono: il diritto di non leggere; il diritto di saltare le pagine; il diritto di non finire il libro. Questo è ciò che afferma Daniel Pennac nel suo saggio «Come un romanzo» del 1992. Ma questi diritti possono provocare (a chi non legge) un moto di stizza: tutto ciò non va contro la lettura e il libro? Come possono essere considerati dei diritti del lettore? L’autore invece con essi sottolinea la libertà che il lettore ha verso la lettura e il libro: il lettore può non leggere se ha bisogno di una pausa; il lettore può saltare le pagine se esse hanno il «tocco di medusa», come lo chiamerebbe Italo Calvino; il lettore può decidere di non finirlo, se si rende conto che l’autore non ha saputo mantenere le proprie promesse. Tutto ciò non va contro la lettura ma ne sancisce la libertà stessa. Un libro non va letto perchè la critica letteraria lo definisce un classico o perchè gli amici dicono che è un capolavoro; un libro va letto se riesce ad affascinare, ad incantare il lettore come il canto delle sirene faceva coi marinai, altrimenti non c’è nulla da fare. Il libro non piace. Meglio passare ad uno più gradevole, anche se non così acclamato o popolare. La lettura di un libro deve essere un piacere, qualcosa che distenda i nervi, mai un obbligo, un’imposizione. Leggere è e deve essere un sinonimo di libertà. Ognuno deve poter vivere, anche solo grazie alle parole, le avventure che più lo entusiasmano. Molti genitori invece si dimenticano di ciò e impongono ai figli di leggere un libro perchè è serio, colto; sarebbe come imporgli di ascoltare soltanto musica classica o di vedere al cinema (o alla tv) solo documentari o film storici. Imporre un libro a qualcuno vuol dire negargli il diritto di esprimersi. Anche la scelta di ciò che si legge, dei libri che si comprano e che si conservano, è infatti un modo per parlare di sè. Non esiste un libro «a misura di tutti» come invece può esistere un giubbino o uno zaino. Ogni libro racconta una storia diversa, che varia da persona a persona. Un lettore immagina i personaggi, i luoghi, le voci in base ai propri gusti e alle proprie preferenze. La simpatia (o l’antipatia) per un dato personaggio è soggettiva, dipende dal lettore, ognuno li interpreta in modi diversi, vede in loro caratteristiche differenti. Leggere è un viaggio, un’avventura. Non importa il genere di libro che si sta leggendo; anche un saggio può essere visto come un viaggio nella conoscenza. E una cosa è certa: ogni libro, come ogni viaggio, lascia qualcosa al lettore. Non si torna uguali dalla lettura di un libro: ci sarà sempre qualcosa da imparare, una lezione su cui riflettere.

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