Alessandro, «miracolato» dopo la gran paura
«Ho rischiato di morire o di non potermi più muovere; non sono un credente fervente ma devo ammettere che è stato un miracolo a salvarmi, anche se non potrò più giocare. Potrò però svolgere una vita normale e ho già cominciato la riabilitazione».
Parole che salgono dal profondo dell’anima, sfociando in un fiume di sollievo e gratitudine, rivelano il dramma vissuto dal giocatore di rugby Alessandro Fimmanò domenica al campo Tartaglia, nel match di serie B tra Marco Polo Cus e Rovato. È proprio il giocatore, che vive a Chiari, a rivivere l’incubo: «Mi sono tuffato a terra per recuperare il pallone quando un altro giocatore è intervenuto. ho sentito un forte strappo al collo e ho subito capito che la mia corsa finiva lì».
Il match viene subito interrotto. I soccorritori della Croce Bianca immobilizzano il giocatore e lo trasportano al Civile. «Al suo arrivo in ospedale - racconta ancora scosso il padre, Antonio Fimmanò, medico - sembrava si trattasse di un infortunio da poco. Poi, dopo la tac, è venuta a galla la realtà: si tratta di dislocazione della seconda e terza vertebra: «Internal decapitation», il termine tecnico.
Il braccio sinistro di Alessandro non si muoveva. È stato portato subito in Rianimazione e sottoposto a una delicatissima manovra di trazione durante la quale ha avuto due arresti cardiocircolatori. Ma le due vertebre non si sono riallineate e si è reso necessario l’intervento chirurgico, effettuato lunedì. Dopo cinque ore e mezza interminabili, piene di angoscia e terrore per un’operazione a nuca aperta che avrebbe potuto comportare la morte di mio figlio o la completa paralisi, è stato meraviglioso vedere negli occhi del primario Marco Fontanella e del dottor Riccardo Bergomi, che ha eseguito l’intervento, la soddisfazione per l’ottima riuscita dell’operazione. Un team che ha fatto miracoli, a partire dal medico di campo, all’anestesista Vittorina Trapelli, a un’équipe preparata e professionale».
Un lieto fine che però significa l’addio definitivo a una grande passione. Alessandro, da buon rugbista non si lascia abbattere «anche grazie a tanti attestati di affetto del mio allenatore Lancini, del coach Filippini, dei compagni e a tutte le persone che mi sono state vicine». Amicizia, dedizione, sacrificio gioia e dolore attorno a una palla ovale...
Federico Bernardelli Curuz
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