Per Paolo Scaroni l'affetto dei tifosi europei

I genitori dell'ultras del Brescia picchiato nel '05: «Speriamo che le motivazioni della sentenza lascino spiragli per il risarcimento».
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I cori di San Siro prima di Milan-Bologna. Gli striscioni dei tifosi di quasi tutte le squadre professionistiche italiane ed europee. Ma anche dei sostenitori dell'Ambrì, squadra svizzera di hockey. Nell'ultimo week end sportivo Paolo Scaroni è stato idealmente presente in tutte le curve d'Italia.

La storia del tifoso del Brescia picchiato alla stazione di Verona il 24 settembre 2005 è un caso nazionale. Un caso che diventa ancor più nazionale dopo la sentenza di assoluzione pronunciata dal Tribunale di Verona nei confronti degli otto agenti della Celere di Bologna imputati nel processo di primo grado che si è concluso venerdì.
La notizia ha fatto il giro del web: in due giorni gli articoli ed i video sulla vicenda pubblicati sul sito del Giornale di Brescia sono stati visti da oltre ventimila persone. La pagina Facebook di Paolo Scaroni ha ormai superato i duemila amici. «Ricevo più di sessanta richieste di amicizia al giorno» racconta l'ultras del Brescia che incontriamo nella casa dei genitori, a Castenedolo.

E proprio i genitori confermano quel sostegno che a Paolo non è mai mancato. «Da sette anni e mezzo viviamo in un incubo. Ho smesso due anni fa di calcolare quanto abbiamo speso tra medici, avvocati e fisioterapia. I soldi non hanno valore rispetto alla vita di mio figlio» racconta mamma Fausta. Presente ad ogni udienza del processo, venerdì ha guardato a lungo negli occhi quegli otto agenti accusati di aver picchiato suo figlio. «Se sono genitori non so cosa abbiano provato guardando come è stato ridotto il mio Paolo» dice la donna.

Ma quegli otto agenti della Celere sono stati assolti. Perché, secondo i giudici, mancano le prove che siano stati realmente loro a colpire Paolo. «Da venerdì ho un po' meno fiducia nella giustizia. Nessuno di noi - precisa la mamma di Paolo - ha fame di vendetta. Chiediamo solo giustizia per potere garantire un futuro a mio figlio. Prima dell'incidente aveva una vita agiata, un lavoro e praticava sport».
Ora Paolo ha perso tutto. Anche una fetta della memoria. «Non ho più ricordi della mia adolescenza» spiega il tifoso. «A causa del trauma subito alla testa non ricordo più niente di quanto fatto tra i quindici e i venticinque anni».

In attesa di ricorrere in appello, quello che la famiglia Scaroni oggi chiede è che nelle motivazioni che accompagnano la sentenza di primo grado venga riconosciuta la responsabilità della Polizia. Anche se è stato fin qui impossibile individuare i responsabili materiali del pestaggio.
«Questa sarebbe l'unica consolazione - spiega la famiglia Scaroni -. Perché ci permetterebbe in una fase successiva di intentare una causa civile nei confronti del Ministero dell'Interno per chiedere un risarcimento economico per tutto questo». Anche se il dolore non svanirebbe. Per una vita drammaticamente stravolta per sempre.
Andrea Cittadini

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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